Home / Blog / Edu / 16 Settembre 2020Didattica a distanza con al centro l’allievo
Riuscire ad immaginare un mondo non connesso, nel quale le relazioni tra le persone sono solo quelle in presenza pare impossibile, una condizione nella quale la distanza accettabile per creare relazioni è quella che possiamo coprire con i nostri sensi, principalmente vista e udito. Per molti di noi, forse tutti, oggi questo è quasi inconcepibile. Prima dei social infatti ci siamo immersi almeno nelle storie e nelle relazioni che nascevano da televisione e radio (la seconda capace di creare più relazioni della prima).
Se le relazioni più ricche sono ancora oggi quelle in presenza, questo vale ancora di più per le situazioni destinate all’educazione. Un insegnante e i suoi studenti, la “classe” appunto, confondendo il contenuto con il contenitore, l’aula ben delimitata dalle sue pareti. Uno spazio fisico comune è sempre sembrato imprescindibile per fare didattica. Ma il lockdown ha mostrato palesemente che quella non è l’unica condizione possibile. E di esperimenti in questa direzione ce ne sono stati molti, anche non recenti.
L’evoluzione delle tecnologie e i nuovi media nati grazie a queste hanno reso sempre più labile il rapporto tra il contenuto e il luogo fisico della sua fruizione. Questo vale sia per quella individuale e asincrona, che -ed è qui il grande cambiamento che stiamo vivendo anche noi- per quella collettiva e sincrona. Negli ultimi decenni l’accelerazione dei mezzi di comunicazione che usiamo quotidianamente ci mantengono costantemente connessi e raggiungibili. Questo è stato un punto di svolta nelle relazioni, anche di apprendimento, fondamentale.
Nei mesi di lockdown forzato e in quelli della fase 2, nella quale molte attività non sono ritornate ad una completa normalità, la didattica a distanza è diventata nel giro di un week-end una realtà che tutti hanno imparato a conoscere. Ma è il caso di andare oltre una logica di emergenza, pensando ad un’integrazione proficua degli strumenti digitali e della DAD nella didattica ordinaria, creando nuovi e (auspicabilmente) appassionanti percorsi formativi per i ragazzi di ogni grado di istruzione, magari in modalità “blended”. Ma facciamo un passo indietro: il concetto di educazione a distanza è emerso con chiarezza per la prima volta negli anni Ottanta.
Moore e la teoria sulla distanza transazionale
Michael G. Moore, professore emerito di Scienze della Formazione presso la Pennsylvania State University, è conosciuto soprattutto per i suoi contributi nel campo della formazione a distanza. Il suo percorso di ricerca è arrivato a trattare il tema “della distanza” quando ha deciso di trascorrere sette anni in Africa orientale. Lì ha riflettuto sulla potenzialità della tecnologia (in particolare la radio) nel rendere accessibili gli argomenti di studio agli studenti off-campus e agli adulti che necessitano di proseguire la loro formazione (in un’ottica di aggiornamento, che oggi chiamiamo lifelong learning).
I due elementi caratteristici di un processo di educazione a distanza sono:
- separazione fisica/geografica tra studente e docente;
- utilizzo di un mezzo di comunicazione per colmare la distanza e permettere la comunicazione.
La teoria di Moore universalmente riconosciuta come innovativa è quella che definisce la transactional distance (distanza transazionale), che afferma come un progettista didattico prendendo decisioni su come strutturare i contenuti da proporre agli studenti deve considerare un certo numero di fattori:
- La struttura. Esprime la misura in cui gli obiettivi educativi, le strategie di insegnamento e i metodi di valutazione sono preparati o possono essere adattati in base al discente
- Il dialogo. Indica quanto educatore e discente sono in grado di rispondersi a vicenda. Ciò è determinato dal contenuto o dall’argomento studiato, dalla filosofia educativa dell’educatore, dalle personalità dell’educatore e dello studente e dal mezzo comunicativo;
- L’autonomia. È la misura in cui gli studenti decidono su determinati fattori quali “come, cosa e quanto imparare”. Secondo Moore infatti gli studenti adulti si prefiggono degli obiettivi, cercando di portarli a termine da soli. E distingue a sua volta due tipi di autonomia:
- emotiva: capacità di perseguire un’attività senza rassicurazione o approvazione per portarla a termine.
- strumentale: capacità di intraprendere un’attività senza cercare aiuto
Tutti questi fattori possono presentarsi in misura diversa a seconda dei casi concreti e sono conseguenze del processo di progettazione della didattica, emergendo in maniera involontaria o come frutto di decisioni consapevoli. Indipendentemente dalla causa che ha determinato la proposta didattica, questi fattori variabili interagiscono per creare la distanza transazionale, che Michael G. Moore definisce “uno spazio psicologico e di comunicazione da attraversare, uno spazio di potenziale incomprensione tra gli input dell’istruttore e quelli del discente”.
L’utilità pratica di questa teoria è di fornire una guida ai progettisti didattici su come realizzare in modo consapevole un corso. Ad esempio emerge in maniera più chiara quanto far pesare struttura, dialogo e autonomia all’interno del percorso, con il fine ultimo di minimizzare le distanze transazionali e massimizzare i risultati di apprendimento.
Questa teoria favorisce un’istruzione personalizzata, perché mette al centro l’allievo e modella la didattica sulla sua persona, enfatizzando la necessità di una maggiore flessibilità dei percorsi di apprendimento e la collaborazione.
La struttura del dialogo e l’autonomia determinano il grado di separazione tra l’allievo e l’educatore nel tempo e nello spazio. Di conseguenza Moore ha definito la distanza transazionale come una funzione di queste tre variabili. Per esempio in un programma in cui c’è poca struttura e il dialogo è facile, l’interazione tra discente e insegnante consente un apprendimento e un insegnamento molto personale e individuale.
La didattica a distanza oggi
Michael G. Moore è stato un precursore di quello che oggi stiamo vivendo su larghissima scala, facendoci capire quanto paradossalmente possano esistere delle antitesi quali la distanza nella presenza o viceversa una prossimità virtuale. La distanza ad esempio può essere ridotta con il dialogo e avvantaggiandosi dei nuovi media o di adeguati supporti didattici ed esempi pratici.
Il concetto di educazione a distanza oggi ha avuto un incredibile successo (non privo di problematiche, come sappiamo) perché ha saputo evolversi con la diffusione sempre maggiore della rete Internet. Ed è chiaro come ogni innovazione tecnologica, in particolare quelle che impattano sulla comunicazione in tutte le sue forme, ricadano anche su educazione e istruzione. Non si può evitarlo, vanno prese le misure necessarie per gestire questa innovazione in modo proficuo.
I concetti evidenziati nella teoria di Moore sono alla base degli attuali modelli di blended learning e lifelong learning. È un fatto che le università stiano erogando i corsi in modalità mista. E anche le scuole seguono questo processo, anche se spesso sembrano subirlo più che gestirlo, in quanto fortemente legate ad una modalità didattica più tradizionale. L’apprendimento formale e informale quindi si stanno mescolando, offrendo maggiore libertà e autonomia organizzativa a chi ne usufruisce.
E il periodo che sta vivendo il mondo della scuola a causa dell’attuale crisi sanitaria potrebbe aprire le porte a innumerevoli nuove possibilità di apprendimento.
Per approfondire:
cover image credit: Museums Victoria (Item: 792455)