La scuola nel bosco: progetti educativi esperienziali

Home / Blog / Edu / La scuola nel bosco: progetti educativi esperienziali16 Giugno 2021La scuola nel bosco: progetti educativi esperienziali

Portare la scuola fuori nel verde è una possibilità che già esiste da diversi decenni nel nord Europa, ma che in Italia tarda ad arrivare ed ha difficoltà ad insediarsi. Tuttavia, con l’arrivo della pandemia – e dei vari periodi di lockdown – qualcosa sembra essersi mosso nella direzione giusta. Si notano infatti una maggiore attenzione e rispetto verso l’ambiente ed una crescente esigenza di configurare le attività didattiche all’aperto. Una sperimentazione relativa al tema scuola nel bosco, non ancora del tutto istituzionalizzata, è in atto in alcune realtà a livello nazionale ed internazionale, delle quali vogliamo rendere conto in questo contributo. Questi progetti coinvolgono anche insegnanti e collaboratori esterni, in un’ottica di educazione all’aria aperta indubbiamente differente da quella tradizionale.

In simili esperienze, la cornice gioca il ruolo da protagonista: non è più un’aula o un giardino scolastico circoscritto nello spazio, ma un bosco in grado di creare legami affettivi sia con le persone che partecipano all’iniziativa che con l’ambiente circostante. Non si tratta più quindi di educazione dell’ambiente ma educazione nell’ambiente ed è proprio all’interno di questo ecosistema complesso che si configura un’esperienza di vita concreta.

Un’esperienza didattica di questo tipo porta ad un’interiorizzazione più veloce rispetto a quella che ne conseguirebbe da un insegnamento più lineare e frontale. Sono i sentimenti di sorpresa e stupore che guidano il desiderio di conoscere e la necessità di porre domande nei bambini

Nonostante il target di riferimento sia quello della scuola d’infanzia, non si coinvolgono solamente gli asili ma anche scuole elementari e medie, in modo da insegnare – non solo ai più piccoli – il rispetto per la natura ed il territorio . Si potrà così portarli pian piano e sotto un prospettiva più consapevole verso tematiche al giorno d’oggi più delicate quali il cambiamento climatico e la responsabilità ambientale.

Excursus storico dell’educazione forestale.

L’esempio arriva dal Nord e, più precisamente dalla Danimarca. Negli anni 50 viene inaugurato il primo asilo forestale, fondato a Søllerød da Ella Flatau. Tuttavia, il cammino storico si dimostra fin da subito tortuoso: passeranno infatti diversi anni prima che  l’idea venga promossa e finanziata da fondi pubblici. Questo avverrà solamente nei primi anni 90. Il progetto ebbe comunque un gran successo, tale da diffondersi in tutta l’Europa, specialmente in Germania dove oggi esistono più di 1000 asili nel bosco. Proprio in questo paese, il modello viene trasposto con maggiore adesione e si configura in 3 tipologie specifiche:

  • la giornata nel bosco;
  •  la settimana nel bosco;
  • asilo nel bosco.

La tipologia che più si inserisce nel contesto ambientale è l’ultima citata. Lo stesso edificio si trova a ridosso di zone boschive, così da permettere ai partecipanti una didattica a stretto (e continuativo) contatto con il bosco. Le  attività da svolgere nel bosco adiacente sono previste per i bambini su base quotidiana. Le altre due tipologie citate prevedono invece occasioni episodiche di contatto con la natura che si esauriscono rispettivamente nell’arco di una giornata o di una settimana. Sono inoltre previste altre attività extrascolastiche all’aperto che si svolgono durante il weekend o nei mesi estivi e coinvolgono, in questo caso, non solo gli allievi ma anche le rispettive famiglie.

La scuola nel bosco: un esempio in Italia.

Tornando nelle scuole d’Italia, grazie al progetto regionale INFEA (Informazione, Formazione, Educazione Ambientale) nasce una proposta analoga all’esempio danese e tedesco che viene finanziata dalla regione Emilia Romagna, tramite la fondazione Villa Ghigi dal 2001. Il parco di Villa Ghigi si trova a Bologna, più precisamente a Sud, in un’area collinare ed in prossimità del centro urbano. Da decenni si è sviluppato come un grande laboratorio naturale di auto-apprendimento, dove si può passeggiare, rilassarsi, godersi il silenzio e dedicarsi ad attività plurisensoriali. Grazie alla cura e agli interventi costanti che vengono fatti, questo luogo rimane un punto di riferimento importante per i cittadini bolognesi.

Non si tratta del primo esempio italiano di scuola nel bosco – o outdoor education – ma rimane uno dei più documentati e articolati, che ha dato il via ad esperienze analoghe. Tra le attività più singolari e coinvolgenti da svolgere nel parco ritroviamo la possibilità di aderire al programma “un albero per te”. Ogni anno, il comune di Bologna accoglie diverse offerte da persone che vogliono ricordare i loro cari scomparsi piantando esemplari di piante negli spazi liberi del parco, dando così agli stessi alberi un nome ed una storia e garantendo loro il sostentamento economico per i primi 3 anni di vita.

Un’altra proposta è quella del “segui la traccia”. Il parco ospita una fauna composta principalmente di uccelli e insetti ma da qualche anno si sono aggiunti anche animali più grandi quali volpi, cinghiali e caprioli. Per i più giovani può essere interessante ricercare insieme ad un esperto ambientale le tracce di questi animali e, nei casi più fortunati, riuscire ad individuarli ed immortalarli in una fotografia.

Un progetto interessante di cui vogliamo ora disquisire è  “Una scuola nel bosco” che nasce nel 2011. Il bosco selezionato ospita decine di alunni delle scuole d’infanzia ed elementari per ore, giorni e talvolta anche per diverse settimane, a discrezione dell’istituto scolastico partecipante. Non è prevista una tabella oraria precisa riguardo le attività che i bambini svolgeranno ed in che momento della giornata. Difatti, si lascia loro libertà di movimento e di gioco, lasciando sviluppare in modo autonomo apprendimento e curiosità.

Inoltre, sono alcune ricercatrici e professoresse di pedagogia ad affiancare il progetto e indagarsi sulla buona riuscita dell’idea, raccolgliere i vari feedback non solo degli alunni, ma anche degli insegnanti e dei genitori nel libro “La scuola nel bosco: Pedagogia, didattica e natura” ed in alcune interviste dedicate al tema.

Michela Schenetti, una delle responsabili degli studi a riguardo insieme ad Irene Salvaterra, svelano alcuni importanti dettagli relativi alla loro esperienza nel bosco bolognese. Vediamo ora i risvolti più singolari degli episodi vissuti da loro in prima persona.

Un terreno inizialmente faticoso.

Riflettendo sulla simbologia del bosco nell’immaginario comune delle fiabe, questo scenario è sempre stato simbolo della paura, dell’ignoto e di eventi traumatici. Nella “selva oscura” dantesca si trovano lupi, mostri di ogni tipo, e facilmente si perde la strada per tornare a casa. La paura di smarrire qualche studente è proprio la prima che invade i docenti nel loro ruolo di guide.

Da un primo momento di incertezza per quanto riguarda la faticosa gestione amministrativa e di responsabilità, tutto si rivela  sempre positivo, spesso una esperienza necessaria. Riescono infatti ad abbattere gli stereotipi di un ambiente che potrebbe risultare ostile, ma che invece è amico dei bambini. Se gli insegnanti hanno diffidenza nel progetto, è sufficiente ricordare gli alunni di fare attenzione e di rimanere in prossimità del gruppo. Saranno loro stessi bambini a dover controllare di non allontanarsi troppo dalla zona circoscritta dai loro maestri e non viceversa. In quest’ottica gli studenti sono responsabilizzati e diventano maggiormente consapevoli dello spazio intorno a loro. In questo modo anche gli accompagnatori potranno godere di questa situazione senza particolare apprensioni..

Accade infatti spesso, secondo Michela Schenetti, che i bambini vengano sottovalutati circa le loro capacità fisiche. Si tende ad avere paura che in qualche modo finiranno con il farsi male in qualsiasi situazione di rischio. Invece, per quanto piccoli, si dimostrano persone competenti, in grado di analizzare problemi cognitivi e saperli risolvere. É solo la mente preoccupata dell’adulto a enfatizzare la situazione e a vederla come un potenziale pericolo.

Inoltre, è importante ricordare che non si tratta solo di responsabilità del singolo, ma anche di responsabilità sociale e responsabilità ambientale. Gli allievi imparano, ad esempio: ad essere più autonomi ed indipendenti, a conoscere i loro limiti fisici, sviluppano il loro lato partecipativo facendo gioco di squadra e affrontando in modo funzionale le difficoltà date ad esempio dal brutto tempo che li costringe a giocare nei loro impermeabili. Imparano inoltre ad utilizzare responsabilmente, ed in modo ecosostenibile, le risorse a loro disposizione. Infatti, è proprio sporcandosi le mani sia letteralmente che figurativamente, che i bambini crescono.

Nell’approccio di Villa Ghigi si dimostra senz’altro importante la figura esterna dell’educatore ambientale, che diventa per gli studenti un punto di riferimento. Introduce ai ragazzi le caratteristiche dell’ambiente in cui si trovano e si rifà alla sua professionalità per insegnare loro diverse conoscenze. Da lezioni sulle varie piante che popolano il bosco, a lezioni sulla fauna che potrebbero incontrare durante il loro percorso (uccelli, insetti e pesci) fino ad arrivare con i più piccoli a vere e proprie attività manuali quali costruire oggetti, giocattoli e utensili di vario tipo.

Per concludere, i risultati positivi ottenuti (in base alle ricerche, alle interpretazioni e riflessioni successive racchiuse nel libro “La scuola nel bosco: pedagogia, didattica e natura”) sono stati illuminanti. Questi episodi sviluppano nei bambini un particolare sentimento di rispetto verso la natura che hanno avuto modo di sperimentare. Perciò se prima un bambino risultava sempre disubbidiente ai genitori e scontroso con i suoi compagni, l’esperienza potrebbe infatti aiutarlo nel temperare questo atteggiamento ribelle.

Per approfondire:



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