Le biblioteche: poli culturali per la comunità

Home / Blog / Design / Le biblioteche: poli culturali per la comunità27 Novembre 2020Le biblioteche: poli culturali per la comunità

In un contesto di profondo cambiamento nella fruizione di contenuti, il ruolo delle biblioteche si sta evolvendo, perché i bisogni degli utenti non sono più gli stessi. La concezione tradizionale come spazio dove preservare la conoscenza non è più sufficiente e la biblioteca del futuro si presenta come luogo di coinvolgimento sociale e di condivisione di prodotti e servizi. Tra le tendenze innovative, da una parte c’è la spinta verso la costruzione di strutture più adatte alle esigenze della comunità, dall’altra un arricchimento delle risorse necessarie all’apprendimento e alla diffusione del sapere.

La nuova architettura delle biblioteche

Dal punto di vista strutturale, il principale fattore di mutamento per le biblioteche è la transizione da un paradigma di conservazione del sapere fisico ad uno digitale. Sempre più spesso la produzione di conoscenza è affidata a risorse digitali che permettono una maggiore accessibilità e una conservazione più sicura e stabile, al riparo dal fragile scorrere del tempo dei supporti materiali.

L’informazione “mobile”, ovvero quella che non è più associata ad un supporto fisico (libro, rivista, documenti, videocassette), influenza in due modi le biblioteche. In primo luogo, il patrimonio della biblioteca, almeno per quelle più all’avanguardia, può essere consultato anche al di fuori della biblioteca stessa. In secondo luogo, la funzione primaria di conservazione e preservazione della collezione fisica è passata in secondo piano, aprendo la strada a funzioni che privilegiano il ruolo dell’utente. “Piuttosto che minacciare il tradizionale concetto di biblioteca, l’integrazione delle nuove tecnologie per l’informazione è stata la spinta che ha trasformato la biblioteca in un spazio più vitale e critico, un centro per la vita intellettuale” (Freeman, 2005).

Attualmente, questo approccio sembra essere valido sia per le biblioteche accademiche che per quelle pubbliche e comunali, diventate il centro di propagazione di un rinnovato senso di comunità all’interno del tessuto sociale urbano, come si dirà in seguito.

Esempi significativi nel mondo

Di seguito riportiamo alcuni esempi che mostrano le tendenze principali delle biblioteche nella costruzione e nella suddivisione degli spazi.

Sendai Mediateque, Sendai, Giappone. Realizzata nel 2001, dall’architetto Toyoo Itō, è una delle prime biblioteche al mondo che mette in discussione la propria identità e la propria funzione. La struttura architettonica si basa sulla libertà di movimento per l’utente. Lo sottolinea lo stesso architetto: “Up to now, public facilities have been conceived as buildings with clearly defined spaces in which people act in a pre-established manner. […] The sole concern has been to optimize the efficiency of the building, and in doing so it was considered inevitable that restrictions should be imposed on users’ behaviour”. Le persone all’interno della biblioteca devono essere libere di muoversi come se fossero per strada, scegliendo il modo che meglio si adatta alle loro necessità per rapportarsi con il patrimonio culturale custodito dalla biblioteca.

Seattle Public Library. Anche in questo caso la flessibilità e la polifunzionalità degli spazi sono stati i concetti chiave attorno alla quale si è andata costruendo questa biblioteca. Gli architetti hanno ripensato il concetto di flessibilità “ambigua” delle biblioteche moderne, cercando di governare la moltitudine di possibilità con una struttura che non fosse eccessivamente rigida. Ogni piano è dedicato una funzione abbastanza specifica da permettere l’organizzazione dello lo spazio, ma anche abbastanza ampia da garantire libertà all’utente. Sono stati individuati 9 settori tematici (“programmtic cluster”) di cui 5 sono stabili e 4 sono più flessibili, che sistemati sui diversi piani formano una architettura insolita e a suo modo iconica.

Tama Art University Library, Tokyo. Completata nel 2007, si colloca nella periferia di Tokyo e fa parte del campus universitario della Tama Art University. L’obiettivo principale era quello di rendere la biblioteca una zona nevralgica per l’università: non solo di studio, ma anche di aggregazione e di passaggio. Per questa ragione, al pian terreno, è situata una lunga galleria che funziona come ingresso per l’interno campus, non solo per la biblioteca. L’edificio è costruito interamente con il calcestruzzo, materiale che diventa “total design” visto che svolge sia compiti strutturali che estetici. Lo spazio della biblioteca si sviluppa in una struttura senza soluzione di continuità, “strettamente connessa alla metafora del processo di apprendimento e di illuminazione intellettuale. […] L’apprendimento è un percorso continuo e costante dal buio dell’ignoranza all’illuminazione della sapienza” (InConcreto). L’architettura vuole riprodurre questo andamento libero, casuale, senza interruzioni – anche fisiche – del processo di conoscenza. Le grandi arcate che si sviluppano su tutti i lati dell’edificio, oltre ad essere una componente estetica importante, forniscono una grande quantità di luce naturale alle sale.

fonte: divisare.com/authors/8998-toyo-ito-associates

Un ruolo rinnovato per la biblioteca

In risposta al cambio di scenario, nasce la necessità di allargare la portata delle funzioni della biblioteca, dando valore alla sua dimensione di luogo fisico, facendone un centro culturale intorno al quale creare un tessuto sociale. Esempio di questa innovazione è la biblioteca Oodi di Helsinki, pensata come spazio per rinforzare il senso di comunità e una società egualitaria. Questa struttura presenta, oltre alla biblioteca vera e propria dove reperire libri e studiare, degli ambienti per videoproiezioni, conferenze, studi di registrazioni (provvisti di strumenti), playstation per giocare e anche delle cucine, in linea con il ripensamento della biblioteca come spazio di aggregazione culturale.

Anche in Italia sono presenti alcuni esempi innovativi, tra cui la biblioteca San Giorgio di Pistoia, che ha affiancato il servizio di prestito libri con una molteplicità di attività in diversi campi: corsi di informatica e alfabetizzazione digitale, corsi di lingua straniera, di scrittura, conferenze. Sono stati creati spazi adibiti alla proiezione settimanale di film e spazi espositivi per ospitare mostre. Proprio a causa dell’emergenza Covid, è stato aperto anche uno sportello d’ascolto con una psicologa per gestire questo momento di difficoltà. Inoltre, grande importanza è stata data all’integrazione: oltre a corsi di lingua italiana, nella biblioteca c’è una sezione dedicata a romanzi e manuali nelle lingue delle minoranze straniere maggiormente presenti a Pistoia. Un luogo accessibile a tutti gli strati della popolazione, con la possibilità di creare nuovi legami e nuovi punti di incontro.

La biblioteca può diventare luogo di conversazione tra diverse discipline, che incoraggi anche la sperimentazione pratica. Da questa idea nasce nel 2013 l’Institute of Making, presso l’University College of London, dove all’interno della biblioteca è stato creato in pianta stabile uno spazio di gioco, ricerca e sviluppo. Si tratta di un’ officina attrezzata con materiali e macchinari per la formazione tecnica in cui gli studenti possono trovarsi e confrontarsi tra loro, ma anche con insegnanti e ricercatori, lavorando assieme nella costruzione di prodotti. In questo modo si affiancano ai luoghi dove si studia generalmente in modo teorico, uno spazio dove apprendere facendo.

Un’esperienza simile a questa è il Makers Lab, presso Il Pertini di Cinisello Balsamo, centro culturale che fornisce servizi di vario genere per adulti e ragazzi (corsi di formazione, arte, scrittura, gruppi di lettura, corsi di yoga, momenti dedicati al gaming). Il Makers Lab è uno spazio dedicato al laboratorio creativo, dove vengono messe a disposizione macchine e tavoli di lavoro attrezzati per workshop tematici dove i ragazzi possono avvicinarsi all’elettronica attraverso il learning-by-doing. La biblioteca si presenta così come luogo di diffusione della conoscenza nel senso più ampio e innovativo del termine, dove l’utente diventa soggetto attivo e non più semplice fruitore di servizi di prestito e restituzione.

La biblioteca delle cose

Se la tendenza della biblioteca è quella di diventare centro di scambio partecipativo e sostenibile, le risorse necessarie a cui fornisce l’accesso possono includere anche oggetti e attrezzi in senso molto più concreto. Negli ultimi anni stanno nascendo infatti “biblioteche delle cose”, spazi dove è possibile reperire elettrodomestici, giochi, utensili da lavoro ed equipaggiamenti per lo sport. I fruitori, spesso soci che pagano una quota annua utile alla manutenzione degli strumenti, possono prendere in prestito l’oggetto di cui hanno bisogno e poi restituirlo. Sono anche invitati mettere a disposizione strumenti di loro proprietà per un determinato periodo di tempo, ammortizzando il costo di acquisto.

In Italia sono presenti da pochi anni progetti di questo genere, uno tra i primi Leila, nata a Bologna nel 2016. Un sistema di piccole biblioteche disposte in punti diversi della città, dove è possibile prendere in prestito oggetti che servono solo momentaneamente o che si stanno valutando per un futuro acquisto. In caso di danneggiamento, sono i soci che devono pagare la riparazione: in questo modo tutti sono responsabilizzati nella cura, e si crea una comunità più coesa e collaborativa. I benefici di iniziative simili sono molteplici: un grande vantaggio per i meno abbienti, che possono in questo modo usufruire dei beni necessari; ma un grande vantaggio anche per l’ambiente, riducendo l’inquinamento per lo smaltimento di prodotti. Ma è il presidente dell’associazione Antonio Beraldi, a sottolineare che si tratta di qualcosa in più: “Questo progetto non genera solo vantaggi economici e ambientali. Anzi, forse il beneficio più grande è proprio quello socioculturale: Leila è proprio uno strumento di coesione, oltre che una filosofia di vita”, tanto da diventare centri di ritrovo, dove organizzare anche laboratori pratici.

Ampliare i servizi delle biblioteche diventa quindi parte delle politiche di welfare comunitario, che contribuiscono ad un miglioramento della qualità della vita e del benessere sociale.

 

Per approfondire:

cover image credit: The Met (Object: 554332/ Accession: 12.182.29)



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