Home / Blog / Design / 20 Novembre 2020Milano post-Covid: nuove prospettive
Negli ultimi mesi, da quando l’emergenza sanitaria sembrava essersi ridotta, si è parlato molto di pandemia in relazione ai cambiamenti che ha apportato alla nostra vita e ai nostri spazi. Nei luoghi di maggiore concentrazione – assembramento (sic!) – di persone, come le città, l’impatto è risultato più forte e manifesto. Anche l’informazione ha sfruttato spesso le immagini delle piazze vuote e delle strade deserte come simbolo della pandemia e della paura, non mancando di toni apocalittici. O al contrario le immagini di luoghi affollati per denunciare comportamenti sbagliati. Le città, durante il corso di questi ultimi mesi, sono state lo strumento privilegiato per rappresentare non solo le conseguenze dell’epidemia, ma anche lo stato d’animo delle persone in relazione ad essa. È indubbio, infatti, che vedere le città vuote, chiusi nelle proprie case, è stata una delle esperienze più impressionanti e a suo modo dolorose del periodo del Covid19.
Ripartire dalla riflessione sulle città e dalla loro riorganizzazione appare una soluzione per riprendere possesso non solo degli spazi, ma anche di uno stile di vita “normale” che definisce le nostre giornate e i nostri spostamenti.
Gli interrogativi sono stati tanti e spesso di natura contradditoria. Il dibattito sulle città è solo un tassello di una riflessione più generale che si lega ai temi noti dello smartworking, della mobilità, dell’ambiente e delle disuguaglianze sociali. Tenere insieme tutte le questioni citate, tutte le nuove prospettive dischiuse, nell’ottica di una descrizione del cambiamento attuale, non è un’operazione facile. Da questa difficoltà provengono numerose iniziative portate avanti da comuni e città in tutto il mondo, da università o ancora da esperti che cercano di fare il punto della situazione e aggiornare di volta in volta la registrazione delle tendenze.
Fare Milano
A Milano uno degli esempi più significativi del dibattito sulla città è l’iniziativa di “Fare Milano”, promossa dal comune di Milano in collaborazione con sette enti territoriali. Gli enti coinvolti, tra cui il Politecnico di Milano, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, l’Università Bocconi, hanno ricevuto un tema da trattare in oltre 37 tavoli di lavoro. L’obiettivo è quello di dare vita a nuovi progetti, valorizzare le potenzialità della città per organizzare un possibile sviluppo di una Milano del futuro. Si è dato particolare risalto a quelle tematiche che sono attualmente in una zona ibrida, tra ostacolo allo sviluppo e possibilità di trasformazione, come ad esempio la strutturazione dei quartieri e la loro connessione, la transizione ambientale, lo smartworking, il divario socioeconomico. Ogni tema, evidentemente, è stato analizzato anche nel suo rapporto con il Covid, con le nuove richieste e con i nuovi bisogni dei cittadini. Gli interventi, disponibili integralmente sul canale YouTube di YesMilano, sono complessi e ricchi di ospiti.
Per cercare di fare una panoramica sui principali cambiamenti che le città stanno attraversando in questo periodo è utile fare riferimento all’intervento di Carlo Ratti con il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Carlo Ratti è ingegnere e architetto, dirige il Senseable City Lab al MIT di Boston e si è occupato di diversi progetti urbanistici in Italia e nel mondo, pioniere dell’architettura fluida e green.
Carlo Ratti a confronto con il Sindaco Sala
Per quanto riguarda il futuro delle città, Ratti scongiura la fine delle città come scenario a breve e lungo termine, nonostante spesso sia stato ipotizzato in seguito alla pandemia. Secondo l’architetto, la forza centrifuga che spinge l’uomo verso la cooperazione e l’unione fisica non può essere sostituita dalle tecnologie digitali. Per cui non solo la città non è morta, ma è valorizzata come forza produttiva e creativa. Al City Lab Ratti e il suo team hanno analizzato attraverso Big Data l’importanza dei cosiddetti “rapporti deboli” ovvero di quella serie di conoscenze, anche superficiali, con cui entriamo in contatto in uno spazio di lavoro fisico e che non possiamo prevedere. In altri termini, seppure la tecnologia sopperisce per tanti aspetti al lavoro in presenza, non lo può sostituire. Lo smartworking, infatti, non concede spazio alla sorpresa degli incontri fisici e degli scambi casuali che invece rappresentano una fonte di creatività irrinunciabile.
In questo senso, quindi la centralità della città e la sua attrattiva in termini culturali e di servizi non sono messi in discussione dalla pandemia secondo Ratti. I cambiamenti, però, ci sono e investono altri aspetti dello spazio urbano. Da sottolineare che in molti casi, il Covid ha accelerato delle tendenze già presenti nello sviluppo urbanistico, che diventano emergenziali con lo sviluppo della pandemia. Un esempio tra tutti il problema dei trasporti pubblici e della mobilità.
- Flessibilità. Come detto in precedenza lo smartworking per Ratti non sostituirà il lavoro in presenza, ma modificherà le modalità e gli orari di lavoro, creando un grande beneficio per la città. Infatti, grazie al lavoro telematico si potrà sperimentare una settimana di lavoro più corta e flessibile, come già si è successo in Francia con il 3+2, inteso come tre giorni in sede e due in remoto. Soprattutto si potranno evitare le ore di punta, nelle quali tutta la città si sposta contemporaneamente, creando disagi più pesanti per la cittadinanza. La flessibilità degli orari di inizio e di fine giornata, possibile con lo smartworking, permetterà di evitare spostamenti massicci di popolazione diluendoli durante tutto l’arco della giornata.
- Polifunzionalità degli spazi. Se cambia l’organizzazione del tempo, non può non cambiare anche quella dello spazio. Secondo Ratti, ma anche secondo Sala, le classiche distinzioni degli spazi in abitazioni, negozi, uffici saranno più fluide. I nuovi edifici avranno al loro interno appartamenti, spazi per la condivisione sociale e per lo smartworking, e alimentari. Se l’ufficio si sposta a casa, questa si deve riconfigurare e ripensare secondo le sue (nuove) funzionalità.
- Approccio try and error applicato all’urbanistica. È questo uno dei casi più evidenti di spinte che il Covid ha accelerato. Se già erano frequenti gli esempi di urbanismo tattico a Milano, con la pandemia questa tendenza è fortemente aumentata, per la necessità di riconfigurare gli spazi urbani e adattarli alle nuove esigenze. Tipico dell’urbanismo tattico è l’approccio try and error: si realizza un intervento, si monitora la situazione con il coinvolgimento diretto della cittadinanza e, a seconda delle risposte, si modifica il progetto. L’apertura verso questo tipo di mentalità, secondo Ratti, è stata veicolata dalla crisi senza precedenti del Covid, che cogliendo alla sprovvista i governi nazionali li ha costretti sperimentare nuove soluzioni.
- Città in 15 minuti, ma solo per i servizi essenziali. Ratti non è uno dei più convinti fautori della “Città in 15 minuti“. Il modello di provenienza parigina prevede che gli spostamenti necessari durante la vita quotidiana delle persone avvengano in un raggio temporale di 15 minuti. L’obiettivo è quello di fornire tutti i quartieri dei servizi essenziali, come negozi, supermercati, scuole, parchi. Ratti tuttavia sottolinea l’impossibilità di ridurre a 15 minuti di spostamento l’intero panorama delle opportunità offerte dalla città: offerte di lavoro, musei, centri di ricerca necessariamente si collocano in zone definite della città che non possono essere spostate. “La città in 15 minuti è una tensione interessante, […] ma non diventerà mai realtà” (Ratti).
Un ultimo punto che sembrava interessante riportare riguarda la bellezza delle città. Se infatti la tendenza a vivere in un centro abitato più piccolo si basa anche sulla possibilità maggiore contatto con la natura, Carlo Ratti sottolinea, in una intervista a La Repubblica, l’importanza di portare quella bellezza e quella connessione all’interno della città. “Era un vecchio sogno di Elisée Reclus, un geografo anarchico e geniale, che diceva come l’uomo avrebbe dovuto combinare il piacere della città con la bellezza della natura. Anche per Milano questa è la sfida, portare più verde nel suo centro. L’architettura può fare molto e proprio Milano con molti progetti – penso a Stefano Boeri, Mario Cucinella, Michele De Lucchi e tanti altri – sta già guardando in questa direzione.”
Stili di vita e mutazioni urbane
Recentemente, Davide Agazzi, Matteo Brambilla e Stafano Daelli hanno condiviso un documento estremamente interessante sullo stato di trasformazione delle città durante la pandemia, disponibile sia in formato di sito web interattivo (con la collaborazione per la parte grafico di pop-eye studio) che in pdf. “Città dal futuro”, questo è il nome del progetto, è stato definito come “un prezioso esercizio di analisi, lettura e immaginazione sul futuro metropolitano”. Inoltre, rappresenta un felice tentativo di ordine e sintesi all’interno del vasto panorama del dibattito sul futuro delle città, un’opportunità da non perdere di ripensamento e di cambiamento.
La riflessione prende spunto dalla forte crisi delle città innescata dalla pandemia e dalle sue cause profonde. Il Covid ha fatto emergere diverse criticità rispetto alla struttura delle città e, in particolare, ha mostrato come la strategia di una città in espansione senza limiti e senza pianificazione non sia più sostenibile. Serve un nuovo orizzonte di riflessione che possa tenere conto della crisi in atto e intravedere gli sviluppi (positivi) futuri. Venuto meno l’identità della città e le aspettative di un certo stile di vita, rimane una moltitudine di singoli individui che compie delle scelte per far fronte alla pandemia. Proprio partendo dall’analisi dei nuovi stili di vita e dei comportamenti delle persone, gli autori delineano nuovi possibili modelli per la città del futuro.
Sulla scorta di trasformazioni come lo smartworking, il distanziamento sociale e la limitazione degli spostamenti, gli autori hanno individuato 4 principali tendenze che sintetizzano la direzione del cambiamento sociale e urbano:
- Città acropoli: club privato, paradiso terrestre, esclusiva delimitata, stimolante, sofisticata, cosmopolita.
- Città irregolare: città abbandonata, terreno di sperimentazione e conquista, informale frastagliata permeabili, imprevedibile, decadente.
- Città leggera: città su richiesta, senza legami, connessa, smaterializzata, veloce, rarefatta, funzionale, efficiente.
- Città contrada: città dei quartierini, la provincia in città, vicina, attiva, cordiale, controllata, decorosa, omologante, conservatrice.
La conclusione di questo lungo percorso cerca di tenere insieme queste quattro tensioni per costruire una città “desiderabile”, ovvero quella città che “contribuisce alla sicurezza e alla piena realizzazione delle persone che la abitano”. In questo senso quindi non è possibile prediligere per una sola delle nuove mutazioni, ma è necessario rispondere ai bisogni di tutti e quattro i quadranti. Un secondo punto fondamentale per le città è quello di trovare un equilibrio tra una dimensione individuale, di affermazione personale, e una dimensione collettiva che premi lo sforzo delle comunità e favorisca l’iniziativa pubblica.
In ogni caso, questa presentazione è solo l’inizio di un discorso che coinvolge attivamente i propri lettori per costruire una panoramica che riesca a tener conto del maggior numero di mutazioni di stili di vita possibile. A questo fine gli autori hanno aperto una piattaforma dedicata al dibattito e allo scambio di fonti “Segnali dal futuro”. Apertura al dialogo che è proprio sintomo di un processo aperto e in fieri, che deve ancora essere pienamente inquadrato e indirizzato.
Per approfondire:
- Disegnoallitaliana > La città dopo la pandemia
- Il Sole24Ore > Come ripensare la città dopo il Covid
- Carlo Ratti Associati
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