Home / Blog / Edu / 26 Gennaio 2022Edu-Larp: il potere educativo dell’immedesimazione
Didattica & Divertimento
La spiegazione è la regina dei modi di insegnare ma, delle volte, non ha alcun potere reale. Sembra che il tradizionale rapporto tra insegnante alla lavagna e studente al banco stia scadendo sempre più ad una triste pantomima di occhi a mezz’asta, nozioni al vento, orecchie sorde, insensatezza diffusa. Una scossa a questa apparente apatia giunge dall’edu-larp: strategia didattica che promuove il live-action-role-playing come metodo per «“contrabbandare” contenuti ai discenti senza che questi si accorgano di stare facendo didattica” (Maragliano, 2020: 34)».
È quindi richiamando non l’attenzione, non il silenzio, non la compostezza dello studente, ma il suo sforzo di immedesimazione e immaginazione che la materia viene infusa nella giovane mente. Inoltre, l’attività non può che attingere dall’intelligenza emotiva del singolo, visto che gli verrà chiesto di gestire in modo consapevole e di riconoscere atteggiamenti, emozioni, gesti, segnali discorsivi e non discorsivi. Il gioco di ruolo diventa cioè un’insospettabile scuola, che insegna segretamente all’interno di un framework coinvolgente, teatrale, che può riprodurre scenari di periodi passati, mondi immaginari, sedi istituzionali, scenari di guerra, squarci di realtà, e così via. In questo modo, si supererebbe l’autoreferenzialità tanto rimproverata alla scuola tradizionale, poiché nella performance il senso e l’efficacia di quanto si apprende trovano una pronta applicazione e valutazione.
Infatti, inserito in una cornice narrativa e forte dell’intima volontà di stare al gioco, lo studente mette in atto quella che Coleridge chiamerebbe “willing suspension of disbelief” e, appropriandosi di un’identità secondaria, interagisce col contesto e coi compagni in maniera coerente col proprio ruolo e col proprio costume di scena. Linguaggio, contenuto, raccolta di informazioni, attendibilità storica, rischio di anacronismo, credibilità del personaggio e della simulazione… sono moltissime le cose di cui il discente dovrà tener conto, divertendosi, immedesimandosi, senza sospettare che l’effetto “collaterale” dell’apprendimento si sta già manifestando in lui. Il che è molto distante, si capisce, dalla vita scolastica dei curricola tradizionali e delle lezioni frontali, in cui il senso di immedesimazione degli studenti pare ineluttabilmente atrofizzato. Pensandoci, le uniche simulazioni che si fanno sono probabilmente quelle delle prove di maturità e quella dell’evacuazione antincendio che, classicamente, vede gli abulici protagonisti scendere svogliatamente le scale o, al limite, confabulare a proposito della verifica che la campanella ha miracolosamente interrotto, tra l’ira dei cronometristi e l’irritazione degli insegnanti.
Il volume curato da Andrea Maragliano, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Formazione all’Università di Genova, Edu-larp – Game Design per giochi di ruolo educativi analizza in maniera esaustiva i meccanismi, le premesse teoriche e gli obiettivi pedagogici del fenomeno. In esso, si ricorda che è inutile chiedere, al suono della campanella, se lo studente creda di aver imparato qualcosa, perché molto probabilmente risponderà di no. Niente di allarmante. Infatti, diversi studi quantitativi «dimostrano che, nonostante la percezione di apprendimento dopo un edu-larp sia regolarmente molto bassa, una volta testato nei fatti l’apprendimento risulta essere in realtà in linea con quello ottenuto nello stesso tempo attraverso la didattica tradizionale» (Maragliano, 2020: 34).
C’è del metodo in Danimarca
Altrettanto bassa può essere la percezione del livello educativo nel leggere il piano didattico della Østerskov Efterskole, nel nord dello Jutland. «Scientia per ludum» si legge nello stemma del collegio pubblico; la pagina di presentazione proclama invece: «Almeno una cosa è certa al 100%: NON SARÀ NOIOSO!», forse per tranquillizzare quei genitori per cui la prima preoccupazione per il figlio a scuola è che si diverta un mondo… Il programma sostiene, per esempio, che il miglior modo perché lo studente faccia calcoli matematici è farglieli fare per prendere vantaggio nella prima linea della Guerra Mondiale, o per salvarsi da un inferno radioattivo; o, ancora, un modo efficace per imparare il tedesco è ascoltare l’interrogatorio fatto a un cittadino della DDR per decidere se metterlo o meno sotto sorveglianza; oppure, un modo per conoscere il diritto romano è vestirsi da senatore e riunirsi nella Curia opportunamente ricreata.
La proposta è rivolta a studenti tra i 14 e 18 anni volenterosi di passare un anno scolastico che solleciti magistralmente il loro senso teatrale e la loro abilità di “calarsi nei panni di”. Aldilà della stravaganza del programma, dei toni da volantino, e dei profeti zelanti che vedrebbero in esso il futuro dell’educazione, è nelle parole del preside Mads Lunau che ne emerge il lato più interessante e lodevole: il fatto di portare risultati positivi e concreti laddove la scuola tradizionale può incontrare più difficoltà, ovvero nell’educazione di ragazzi con esigenze particolari e difficoltà a socializzare. Nel 2015, dice Lunau, dei 90 studenti del collegio, 10 erano affetti da autismo e 30 da dislessia o discalculia. Lo strumento dell’esperienza simulata li avrebbe aiutati enormemente nel memorizzare le informazioni salienti, visto che sono servite per mettere in atto la performance.
Comunque, come per Wordsworth la poesia è “emotion recollected in tranquillity”, così «l’effetto educativo di un evento larp viene notevolmente amplificato dallo svolgere una riflessione collettiva sull’esperienza» (Maragliano, 2020: p. 33), ovvero nel momento del deroling e del debriefing. In questa fase saliente, il gruppo «con la guida dell’insegnante/formatore torna riflessivamente su quello che è accaduto per raggiungerne consapevolezza e fissarlo a quadri concettuali espliciti». È quindi dopo un gioco organizzato, ispirato, coinvolgente, denso di contenuti che meglio opera la fase di inquadramento teorico. E non c’è slide riassuntiva che regga al confronto.
Correre come un somalo
È ancora dalla Danimarca, in particolare dalla Croce Rossa danese, che giunge l’ispirazione per un’esperienza educativa, promossa anche in Italia, che ha per obiettivo quello di colmare la lacuna concettuale ed empatica nel comprendere la condizione dello straniero che decide di (oppure è costretto a) fuggire da circostanze di pericolo e distruzione, per approdare, dopo un tragitto disumanizzante, in un contesto il più delle volte ostile e in cui viene percepito come una minaccia alla stabilità sociale e all’identità culturale. Questo larp particolarmente attuale ed immersivo ha per titolo “Youth on the Run”. Come riportato sul sito della Croce Rossa, «per circa 24 ore i partecipanti si immergono in una nuova identità, assumono il ruolo di richiedenti asilo e simulano una fuga, con la loro nuova famiglia, dalla Somalia all’Italia».
Il contributo deve perciò evolversi in un’acquisizione di consapevolezza e di pensiero etico e critico, per «sensibilizzare i giovani tra i 15 e i 32 anni sulle pressioni psicologiche e sulle situazioni di grande pericolo alle quali si espone chi è costretto a spezzare il legame con le proprie origini per aver salva la vita o in cerca di nuove opportunità». In effetti, le dichiarazioni di una voce femminile in un video-testimonianza danno traccia di questa nuova sensibilità: «Avevo fame, avevo sete, mi facevano male i piedi… poi pensavo: ma questo non è niente in confronto a quello che è la realtà».
Innanzitutto
Come convincersi di chiamarsi Mukhtar e di fuggire da una guerra? Come ci si dimentica della realtà? Come vestire panni tanto diversi da quelli quotidiani? Di certo non basta spiegare le regole del gioco. Ogni facilitatore di larp sa che, una volta che il gruppo ha ben focalizzato l’obiettivo, occorre far seguire un iter di riscaldamento mentale e fisico che, man mano, farà “impossessare” ciascuno dal personaggio designato per la simulazione.
Si parte lavorando sull’abbassamento dell’ansia e sulla stimolazione della spontaneità, con procedure più o meno intense a seconda del grado di motivazione e di imbarazzo dei membri. In questa fase, si cerca cioè di far sorgere la fiducia reciproca e di rompere il ghiaccio attraverso vari giochi di mimica ed improvvisazione. Una volta raggiunta la giusta confidenza, si illustrano le meccaniche di gioco e si decretano le regole di sicurezza (che prevedono la creazione di una stanza di “decompressione” nella quale è possibile rifugiarsi in caso di improvvise crisi emotive; oltre alla decisione di alcune parole-segnale tipo “vacci piano” o “stop” per essere in grado di modulare le varie situazioni). Infine, si procede con l’addestramento al ruolo, per cui si cerca di interiorizzare il personaggio immaginandoselo anche alle prese con le più quotidiane attività, per dotarlo di spessore umano, aldilà dell’anagrafica e del costume.
Insomma, per la buona riuscita dell’esperienza, un buon lavoro preliminare è cruciale, e in esso vanno investiti costante sforzo empatico, gradualità nei gesti, progressiva intensità delle situazioni. Basti ascoltare Lizzie Starl, sviluppatrice di Ars Amandi, un larp che vuole simulare romanticismo ed erotismo: il partecipante inizia con l’accarezzare, con imbarazzo ed occhi chiusi, le mani del partner di gioco, per poi arrivare, passo dopo passo, alla fine, persino a rimproverare il facilitatore, che col suo “game over” ha bruscamente interruptus quella che pareva ormai un’inarrestabile passionalità.
Per approfondire:
- Leaving Mundania > Intro to Ars Amandi
- Mdpi > More than a Game: Racecraft and the Adaptation of “Race” in Live Action Role Play
- Sage Journals > Live Action Role Play and the Development of Teacher Competences: Evaluation of “Everyday Life in the Classroom”
cover image credit: The Met (Object: 319095/ Accession Number: 2011.154.55)
Alessandro P. L. Redaelli