Home / Blog / Edu / 15 Luglio 2020Didattica a distanza: promossa o bocciata?
Marzo 2020, l’Italia deve affrontare con soluzioni di emergenza il diffondersi del Coronavirus. E le misure da attuare riguardano ogni sfera della vita sociale, dall’educazione a quella lavorativa. Non staremo a pesare quanto le misure adottate dalle istituzioni ai vari livelli di governo si siano concentrate più da un lato che dall’altro, ma quanto avvenuto negli ultimi mesi è evidente a tutti.
Se apparentemente l’unica azione per proseguire l’erogazione della didattica, nell’immediato, è stata la chiusura totale delle strutture scolastiche, da subito è parso preoccupante la mancanza di una strategia per ipotizzare una riapertura in tempi brevi degli istituti. Anche nello scenario peggiore, non avremmo mai immaginato che non avrebbero più riaperto fino alla fine dell’anno scolastico.
E come sappiamo la didattica è stata totalmente erogata da remoto tramite strumenti digitali. Gli esiti erano incerti e i risultati tutti ancora da valutare.
DAD – didattica a distanza
Con didattica a distanza si definisce “l’insieme delle attività formative che è possibile svolgere senza la presenza fisica di docenti e alunni nello stesso luogo”. Questa forma di erogare la didattica oggi è possibile solo grazie alla diffusione massiccia di strumenti e tecnologie digitali, formalmente accessibili, almeno teoricamente, da tutti.
La tecnologia dovrebbe rendere il più semplice possibile il lavoro degli insegnanti e l’apprendimento degli studenti. E i docenti devono coordinarsi tra loro per mantenere la visione d’insieme dell’offerta fatta a ragazzi, proprio come nel tradizionale Consiglio dei Docenti.
Con la DAD i docenti dovrebbero impartire delle vere e proprie lezioni, evitando di limitare il rapporto con i docenti all’invio di materiali didattici da smaltire in privato e dei tradizionali compiti a casa, in modo da rendere l’esperienza formativa quanto più ricca pur mancando l’aspetto della presenza e dell’interazione fisica.
Per quanto riguarda la modalità di valutazione non c’è un metodo definitivo. Qui si ha l’opportunità di dare più peso alle competenze sviluppate dagli studenti, anziché alle loro conoscenze.
Le piattaforme delle multinazionali
Le iniziative e soprattutto le piattaforme per erogare la didattica online (aspetto non esente da criticità) si sono moltiplicate. Lo stesso MIUR sul sito web istituzionale ha fornito alle scuole riferimenti, buone pratiche, link a materiali di terzi e webinar per agevolare la formazione. E naturalmente i colossi del web hanno dato un contributo importante nel supportare la digitalizzazione della didattica.
Tra le piattaforme digitali più diffuse per creare classi virtuali si deve citare Teams di Microsoft, G-Suite for Education di Google (che comprende Hangouts Meet e Classroom, resa gratuita per la circostanza) e Cisco Webex di Cisco in partnership con IBM, piattaforma collaborativa dotata di un servizio di supporto e tutoraggio per docenti e studenti con volontari che li aiutino a risolvere dubbi o problemi tecnici .
Amazon invece ha percorso un’altra strada, offrendo gratuitamente webinar su materie STEM per docenti di scuole primarie e secondarie di prima grado; Treccani Scuola invece ha reso disponibili contenuti e strumenti di supporto per la didattica digitale, un archivio sempre in aggiornamento per studenti e docenti, e così ha fatto anche l’Università telematica eCampus. Babbel, famosa piattaforma per l’apprendimento linguistico, ha reso gratuiti i suoi corsi agli studenti italiani.
Questi sono solo alcuni dei molti contributi offerti in questo periodo di emergenza da aziende private il cui punto di forza è lo sviluppo di strumenti digitali.
Un bilancio tutto da analizzare
Ora che l’anno scolastico è terminato è necessario fare un bilancio dei risultati raggiunti e delle potenzialità della didattica a distanza se inserita nei percorsi didattici istituzionali, sia in modo emergenziale ma soprattutto in futuro come complemento della didattica in presenza.
L’esperimento di questi mesi è stato unico, perché difficilmente ripetibile con un’incidenza così vasta, sia in termini di persone coinvolte che di durata nel tempo. Ma ha funzionato ed è stato un successo come dicono alcuni? Le opinioni prevedibilmente sono discordanti.
La Ministra dell’Istruzione Azzolina ha affermato che “[l’utilizzo della DAD] è stata un grande successo”. Se pensiamo alla dedizione di molti insegnanti nel portare avanti la didattica senza interruzioni prolungate e in tempi record, utilizzando strumenti quasi del tutto inediti per loro, allora si può parlare di successo vero: l’anno scolastico è stato portato a termine.
Dall’altro lato, con qualche dato alla mano, si delinea uno scenario non libero da criticità e frammentato se osservato su scala nazionale e diviso per regioni: la didattica digitale ha funzionato per il 48,5% delle scuole medie (la metà, e non è poco, perché in termini assoluti gli alunni delle scuole medie sono circa 1,7 milioni) e nel 70,4% delle scuole superiori (Indagine Studenti.it).
Se osservato a livello regionali il quadro appare purtroppo disomogeneo. L’Italia ancora una volta si divide tra Nord, dotato di buone infrastrutture e connessioni veloci, e un Sud ancora molto penalizzato su questo fronte. La conseguenza più diretta di questo divario digitale è che molti studenti e ragazzi non hanno potuto effettivamente seguire le lezioni a distanza.
Le ragioni sono da riscontrarsi anche nella presenza di dispositivi adeguati, insufficienti in numero o del tutto assenti ma anche la possibilità di ricevere supporto dei genitori nell’utilizzo dei devices (ma come, è tutta la retorica sui nativi digitali che usano la tecnologia “naturalmente”?). In molti casi, con tanta pace della ricchezza dell’insegnamento, alcune scuole sono arrivate a recapitare i compiti via mail o WhatsApp.
Ma dove ha funzionato, la didattica a distanza è piaciuta? Sembrerebbe di no: il 73% dei ragazzi (3 su 4) dichiara che la scuola non può essere sostituita dalla DAD per lungo tempo. Probabilmente, appena si potrà, il rientro a scuola sarà molto più apprezzato che in passato.